G029 – La capacità di intendere e volere nel testamento olografo (B. Taglioni)

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Scrivere un testamento è l’atto “conclusivo” della nostra esistenza terrena. Per molti è un momento di profonda tristezza, per altri una liberazione, o ancora un gesto di gratitudine verso gli altri e, perché no, anche di “vendetta”.

Destinatari: periti grafologi, grafologi, avvocati e coloro che sono interessati alla tematica.

 

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Specifiche

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Descrizione

 

«Ci sono due cose durature che possiamo lasciare in eredità ai nostri figli: le radici e le ali.»
(William Hodding Carter II)

Scrivere un testamento è l’atto “conclusivo” della nostra esistenza terrena. Per molti è un momento di profonda tristezza, per altri una liberazione, o ancora un gesto di gratitudine verso gli altri e, perché no, anche di “vendetta”.

La forma olografa, non redatta da un Notaio, è la più intima e personale proprio perché scritta di proprio pungo. In quel momento si riversano nelle parole una gamma di emozioni pressoché infinita.

Proprio perché si tratta di un “atto finale” è fondamentale verificare la capacità di testare di un soggetto scrivente.

Entriamo quindi nelle emozioni, nella struttura psichica di quelle persone che vogliono lasciare un segno del loro passaggio non solo con dei beni materiali ma anche con le proprie parole utilizzando  lo strumento grafologico per evidenziare attraverso casi reali  quali e quanti siano i “segni” fondamentali,  i segnali d’allarme, dell’incapacità di intendere e volere.

Destinatari: periti grafologi, grafologi, avvocati e coloro che sono interessati alla tematica.

Docente:  Barbara Taglioni

N.° slide: 57  – Durata: 90′

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