P013 – Consapevolezza: viaggio o meta?

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La conoscenza è la chiave per aprire la porta della consapevolezza di sé e della realtà che ci circonda. (M.B.)

La ricerca, nella rete, della parola “consapevolezza” da accesso a una miriade di link che puntano a percorsi, osservazioni, maestri, associazioni, coach, santoni, psicologi, ambiti olistici e nerd in un pot-pourri di significati estremamente variegati e di vario spessore contenutistico a seconda da chi viene menzionata e a quali scopi.

DESTINATARI: Aperto a tutti

Scadenza iscrizioni: 06/10/2022

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La conoscenza è la chiave per aprire la porta della consapevolezza di sé e della realtà che ci circonda. (M.B.)

La ricerca, nella rete, della parola “consapevolezza” da accesso a una miriade di link che puntano a percorsi, osservazioni, maestri, associazioni, coach, santoni, psicologi, ambiti olistici e nerd in un pot-pourri di significati estremamente variegati e di vario spessore contenutistico a seconda da chi viene menzionata e a quali scopi.

Essere consapevoli di cosa?

Di sé stessi, della realtà che ci circonda? Sì, ma quale realtà?
Del proprio passato, delle nostre potenzialità, del dolore o dei traumi subiti, degli errori e delle conquiste, della situazione politica, delle problematiche ecologiche, dei DSA o dell’autismo, della violenza contro le donne…?

Ognuno di questi è uno spazio in cui le conoscenze, i fatti, le azioni, tutto si interseca in ragnatele che disegnano percorsi conoscitivi che, pur partendo dalle stesse considerazioni iniziali, si dipanano verso mete inaspettate proprie di ognuno di noi.

La seduzione dei tanti percorsi spesso porta le persone a ricerche “esterne”: non è solo quanto conosciamo della realtà che ci rende consapevoli, ma come la conosciamo, come l’abbiamo sperimentata e, successivamente, come l’abbiamo rielaborata. Ma soprattutto come, ogni giorno, la ricordiamo.

Al soldato non basta aver superato l’addestramento svoltosi a 30 km da casa con i manicaretti di mamma durante la libera uscita! Deve conoscere la paura durante la battaglia, l’odio per sé stesso perché ha ucciso, si deve riempire le narici dell’odore della morte, lo sporco del fango e la puzza del sudore che aspetteranno giorni prima di conoscere una doccia. Soprattutto non deve dimenticare gli occhi di chi lo ha guardato mentre gli puntava l’arma, quelli dei bambini impauriti mentre stava sparando o di donne che temono una violenza che si fatica anche a immaginare. E se vuole che tutto questo diventi consapevolezza, non lo dovrà mai più scordare e… raccontarlo.

Analogamente, potremmo raccontare, con lo stesso coinvolgimento, una storia d’amore fatta di momenti molto diversi, che suonano altre corde… ma il discorso non cambia.

Non può dire di essere consapevole chi vive senza aver direttamente sperimentato, che pontifica senza considerare altre visioni della realtà, che, addirittura, crede di ben conoscere e aver lottato per situazioni lontane da sé anni luce, ma soprattutto che non sa trasportare la ricchezza delle sue esperienze nella relazione con l’altro.

È la storia di molti politici distanti dalle esigenze di una società in continuo cambiamento, che rifiutano, con ridicola aristocrazia, di conoscere le nuove tendenze, le nuove scoperte, i nuovi bisogni.

È la storia di molti genitori che hanno dimenticato il monito di Gibran che parlando dei figli dice  “…le loro anime abitano la casa del domani, che voi non potete visitare, neppure nei vostri sogni.”.

È la storia di molti di noi psicologi che crediamo di poter capire ogni patologia, ogni moto dell’anima e di poter vociferare su tutte le realtà che la nostra vita professionale ci presenta.

Comica, ma non per questo meno vera, la scena del film “Come un gatto in tangenziale” in cui Giovanni (Albanese), che lavora nei santuari del Parlamento Europeo in progetti inerenti al miglioramento delle realtà urbanistiche degradate (ma alloggia, con il suo staff, in hotel a 5 stelle) e che non ha mai sentito l’odore pesante della cucina di altri continenti, si trova a tavola con persone che vivono un’altra vita rispetto alla sua!
Per chi conosce il film: non la vita della spiaggia d’élite di una Maremma incontaminata, ma quella più proletaria di “Coccia de morto” citata già nel 2016 da un dossier di Legambiente tra le peggiori “Beach Litter”.

SCOPO DEL SEMINARIO: Chi fa trekking sa che ogni tanto bisogna fermarsi per rimettere a posto lo zaino con tutta l’attrezzatura. Serve per ripartire con un carico meglio equilibrato, avendo eliminato ciò che non serve più, o donato ciò che serve più a un altro che a noi, o riannodato, più stretto, il laccio di una scarpa per camminare meglio,… questo è lo scopo del seminario.
Fermarsi su alcune domande circa lo stato del nostro processo di crescita che passa attraverso l’acquisizione di nuove conoscenze, attraverso la costruzione di nuove consapevolezze, ma soprattutto attraverso un inventario che valuti il nostro “magazzino”. Lì ci sono i beni che abbiamo accumulato… è tempo di donarli agli altri. È tempo di restituirli alla Vita.

DESTINATARI: Aperto a tutti
Conduce dr. Maurizio Bottino

N.° slide: 27  – Durata: 67′